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cesarino

SOSTEGNO ALL' INFANZIA

Le problematiche sociali presenti nella nostra epoca influiscono negativamente sull’individuo, riflettendosi inevitabilmente sulla famiglia, mettendo in discussione i rapporti all'interno della stessa, che in alcuni casi subiscono dei veri rivoluzionamenti. La confusione dovuta dalla mancanza di punti di riferimento, come l'autorità rassicurante dei genitori, crea nel bambino dei disagi che non sempre manifesta apertamente e che, con il tempo, potrebbero trasformarsi in malattie psicosomatiche. Il corpo e la mente fanno parte di un unico insieme, influenzandosi reciprocamente, per questo una semplice emozione può riflettersi positivamente o negativamente sul fisico, ed il sintomo di una malattia organica potrebbe essere il segnale di un disagio psicologico. Alla base dei maggiori motivi di stress per un bambino ci sono i rapporti con i “grandi”, a cui è legato da vincoli emotivi. I momenti difficili della vita di un adulto, come i litigi, gli episodi di violenza, o un lutto, possono ripercuotersi sulla tranquillità dei piccoli che difficilmente riescono a capire certe situazioni di cui spesso sono solo degli spettatori involontari. Ed ecco che dietro un mal di pancia, un mal di testa, un cattivo rapporto con il cibo, la difficoltà di apprendimento, aggressività e ansie, a volte si possono nascondere delle richieste di aiuto, che, se non comprese, possono alterare lo sviluppo sociale, affettivo e mentale del bambino, influenzando l’adulto che diventerà. In questi casi, è fondamentale l’aiuto di uno specialista, che, grazie all’utilizzo di particolari tecniche, quali il disegno e/o il gioco, riesce ad entrare nel “mondo” del bambino, attraverso una comunicazione priva di traumi, accertando i motivi del malessere. Lo specialista può essere un valido supporto anche per il genitore che vuole imparare a comprendere i segnali d’aiuto lanciati dal figlio, aiutandolo a migliorare la propria capacità comunicativa. Rispetto al passato, sembra sia aumentata la richiesta di aiuto che i genitori rivolgono agli psicologi infantili, e questo porta a credere che forse i“grandi” abbiano compreso l’importanza di assicurare attenzione e ascolto ai “piccoli”, evitando di lasciare al tempo ed alla crescita la risoluzione dei problemi. Lo studio FormaMentis offre sostegno psicologico a bambini che si trovano ad affrontare momenti delicati e particolari della loro vista come la separazione dei genitori, il lutto oppure che manifestano disagio o difficoltà a livello comportamentale e/o relazionale.

 

DISTURBI SPECIFICI DELL' APPRENDIMENTO

Si predipongono inoltre, là dove rischiesti valutazione e trattamento dei Disturbi Specifici dell'apprendimento (DSA) Col termine disturbi specifici dell’apprendimento (DSA) ci si riferisce ad un gruppo eterogeneo di disturbi consistenti in significative difficoltà nell'acquisizione e nell'uso di abilità di ascolto, espressione orale, lettura, ragionamento e matematica, presumibilmente dovuti a disfunzioni del sistema nervoso centrale in bambini privi di deficit cognitivi o neurologici. Possono coesistere col disturbo specifico di apprendimento problemi nei comportamenti di autoregolazione, nella percezione sociale e nell'interazione sociale, ma questi non costituiscono di per sé un disturbo specifico dell’apprendimento. DISLESSIA La Dislessia Evolutiva e' un disturbo che riguarda la capacita' di leggere in modo corretto e fluente. Un bambino o ragazzo dislessico può leggere e scrivere, ma non può farlo in maniera automatica come gli altri. Leggere e scrivere gli costa molta più fatica e impegno, quindi si stanca rapidamente, commette errori, rimane indietro con i programmi. La difficolta' di lettura puo' essere piu' o meno grave e spesso si accompagna a problemi nella scrittura, nel calcolo e, talvolta, anche in altre attivita' mentali come quelle mnemoniche. Il bambino spesso compie nella lettura e nella scrittura errori caratteristici come l'inversione di lettere e di numeri (es. 21 - 12) o la sostituzione di lettere (m/n; v/f; b/d, a/e), a volte non riesce ad imparare le tabelline e alcune informazioni in sequenza come le lettere dell'alfabeto, i giorni della settimana, i mesi dell'anno.

 

DISGRAFIA-DISORTOGRAFIA

La disgrafia si tratta di una difficoltà della scrittura, in particolare nella riproduzione di segni alfabetici e numerici. La mano dei bambini disgrafici scorre con fatica sul piano di scrittura e l'impugnatura della penna è spesso scorretta, spesso il bambino non rispetta i margini del foglio e lascia spazi irregolari tra i grafemi e tra le parole. La pressione della mano sul foglio non è adeguatamente regolata: a volte è troppo forte e il segno lascia un'impronta marcata anche nelle pagine seguenti del quaderno, talvolta è troppo debole. Il tono muscolare è spesso irrigidito o, al contrario eccessivamente rilasciato. La disortografia è un disturbo specifico dell'apprendimento che interessa la scrittura, non correlato a deficit sensoriali, motori o neurologici. Chi soffre di disortografia non rispetta le regole di trasformazione del linguaggio parlato in linguaggio scritto, non è in grado di tradurre correttamente i suoni che compongono le parole in simboli grafici. I sintomi della disortografia possono essere omissioni di grafemi o parti di parola (es. pote per ponte o camica per camicia), sostituzioni di grafemi (es. vaccia per faccia; parde per parte), inversioni di grafemi (es. il per li; spicologia per psicologia). La disortografia solitamente si associa a difficoltà di linguaggio, scarse capacità di percezione e discriminazione visiva e uditiva, organizzazione e integrazione spazio-temporale non ancora acquisita, processo lento nella simbolizzazione grafica, dominanza laterale non adeguatamente acquisita.

 

DISCALCULIA

La discalculia evolutiva può essere definita come un disturbo delle abilità numeriche e aritmentiche,. Si manifesta nella difficoltà di riconoscimento e denominazione dei simboli numerici, nella scrittura dei numeri, nell’associazione del simbolo numerico alla quantità corrispondente, nella numerazione in ordine crescente e decrescente, nella risoluzione di situazioni problematiche. Spesso alla base ci sono difficoltà di orientamento spaziale e di organizzazione sequenziale che si evidenziano sia nella lettura che nella scrittura dei numeri ( il numero 9 viene confuso con il 6; il numero 21 con il 12; il 3 viene scritto al contrario così come altri numeri).

 

Il danno psichico rappresenta un’alterazione dell’integrità psichica e dell’equilibrio di personalità provocata da un evento traumatico di natura dolosa o colposa, limitando fortemente l’esplicazione di alcuni aspetti della personalità nel regolare svolgimento della vita quotidiana. Il danno è comunque sempre provocato dalla correlazione tra l’evento traumatico e la struttura psichica di base dell’individuo.

 
La possibilità di risarcire un danno alla salute psichica in sede giudiziaria è un’acquisizione in parte recente, e la stessa giurisprudenza della Cassazione è oscillante nella definizione delle categorie nelle quali inquadrare il danno non patrimoniale.
La conseguente genericità della norma ha prodotto negli ultimi anni battaglie interpretative sulla nozione di danno, secondo un orientamento che distingueva fra danno patrimoniale, biologico e morale. In particolare, in sede di giudizio la risarcibilità del danno morale era prevista solo se l’evento causa del danno costituiva reato (art. 2059 c.c.). La svolta arriva nel 2003 con le sentenze della Corte di Cassazione (8827-8828) e della Corte Costituzionale (233) con il ricollocamento dei concetti di danno. 
Il danno morale diviene risarcibile anche se il fatto non costituisce reato, in quanto l’evento ha inciso sull’intangibilità degli affetti, la famiglia e sulla libera esplicazione della libertà della persona umana. Vengono prese in considerazione quelle forme di danno alla persona per natura diverse dal danno patrimoniale: il danno alla sfera sessuale, il danno estetico, il danno alla vita di relazione, il danno al peggioramento della capacità lavorativa, oltre alle violazioni psico-fisiche. Su questa linea la distinzione fondamentale compiuta è quella tra danno patrimoniale e non patrimoniale: 
 
  1. Il danno patrimoniale di regola si distingue in “danno emergente” e “danno da lucro cessante”. Il primo consiste nella diminuzione del patrimonio in attinenza a beni o situazioni produttive cagionate da un fatto lesivo, il secondo interessa il risarcimento del mancato guadagno causato dell’evento dannoso che ha interrotto l’attività produttiva. 
  2. Il danno non patrimoniale include nella sua classificazione il danno biologico, il danno morale e il danno esistenziale. Il danno può essere diretto, determinato da un danno di natura fisica (trauma, ictus, ecc…), psichica (da morte, estetico, lavorativo ecc…), o in diretto costituito dagli effetti dell’evento lesivo. 

Dal punto di vista di un perito e dello psicologo esperto in valutazione del danno psichico  le dovute revisioni concettuali in materia incertezze sono evidentemente e necessariamente motivate dal fatto che la persona è un’entità biologica e sociale complessa e che quindi un trauma o una lesione dell’integrità psicofisica si può manifestare (a seconda del corredo genetico, della personalità, della biografia, della situazione relazionale ed esistenziale, ecc.) nelle forme e modalità più diverse a seconda del particolare individuo che subisce il trauma.

Per essere ancora più chiari, compito dello specialista peritale non è quello di limitarsi a categorizzare la tipologia del danno, ma quello di ripercorrere e descrivere in maniera scientificamente trasparente e comprensibile per il Giudicante il grado e l’entità di compromissione che quel particolare trauma ha prodotto in quella particolare persona attraverso quei particolari meccanismi.
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ANSIA
L’ansia di per sé non è un fenomeno anormale. Si tratta di un’emozione di base, che comporta uno stato di attivazione dell’organismo e che si attiva quando una situazione viene percepita soggettivamente come pericolosa. Nella specie umana l’ansia si traduce in una tendenza immediata all’esplorazione dell’ambiente, nella ricerca di spiegazioni, rassicurazioni e vie di fuga, nonché in una serie di fenomeni neurovegetativi come l’aumento della frequenza del respiro, del battito cardiaco (tachicardia), della sudorazione, le vertigini.
Quando l’attivazione del sistema di ansia è eccessiva, ingiustificata o sproporzionata rispetto alle situazioni, però, siamo di fronte ad un disturbo d’ansia, che può complicare notevolmente la vita di una persona e renderla incapace di affrontare anche le più comuni situazioni. 
 
I disturbi d’ansia conosciuti e diagnosticabili sono i seguenti:
 
Fobia Specifica (aereo, spazi chiusi, ragni, cani, gatti, insetti, ecc.)
Disturbo di panico
Disturbo Ossessivo Compulsivo
Fobia Sociale
Disturbo post-traumatico da stress 
Disturbo d’ansia generalizzata
 
DEPRESSIONE
La Depressione, patologia che colpisce soggetti geneticamente predisposti, consiste in un’alterazione dell’umore che “colora” la vita psichica in senso negativo.
Dal punto di vista psichico spesso si manifesta con abbassamento del tono dell’umore con o senza ideazione suicidaria, mancanza di vitalità, scontentezza, incapacità di provare piacere, perdita degli interessi, ansia, mancanza di energia, drammatizzazione di ogni accadimento; dal punto di vista somatico può presentare alterazioni dell’alvo, perdita d’appetito con calo ponderale, aumento dell’appetito, dolori articolari non giustificati da un esame radiografico, difficoltà a respirare o deglutire, senso di oppressione al petto, insonnia, ipersonnia diurna, malessere generale, cefalea, capogiri.
È una malattia prevalente nelle donne e può avere manifestazioni differenti a seconda dell’età: i bambini possono manifestare disturbi dell’alimentazione, del sonno e problemi del comportamento e dell’apprendimento a scuola. Gli adolescenti possono assumere un condotta di ritiro progressivo, con isolamento sociale, accentuare i conflitti con la famiglia e la società, fare uso di alcool e sostanze stupefacenti. Tra gli anziani a volte la depressione può essere scambiata per demenza.
La Depressione è caratterizzata da alterazione dell'umore che si manifesta con sentimenti di profonda tristezza, colpa ed apprensione, sensazione che nulla abbia più valore, tendenza all’isolamento e all’apatia, perdita di interesse e di piacere nelle attività quotidiane, disturbi del sonno o dell’appetito, scarso desiderio sessuale.
I sintomi depressivi possono presentarsi come episodi acuti (della durata di almeno due settimane per parlare di disturbo depressivo maggiore) o come lunghi periodi di umore tendenzialmente depresso ma senza che gli altri sintomi depressivi siano particolarmente marcati o numerosi.
 
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I disturbi del comportamento alimentare (DCA) sono patologie caratterizzate da un’ alterazione delle abitudini alimentari e da un’eccessiva preoccupazione per il peso e per le forme del corpo. Insorgono prevalentemente durante l’adolescenza e colpiscono soprattutto il sesso femminile.

Soffrire di un disturbo alimentare sconvolge la vita di una persona; sembra che tutto ruoti attorno al cibo e alla paura di ingrassare. Cose che prima sembravano banali ora diventano difficili se non impossibili e motivo di forte ansia, come andare in pizzeria o al ristorante con gli amici o partecipare ad un compleanno o ad un matrimonio. Spesso i pensieri sul cibo assillano la persona anche quando non è a tavola, ad esempio a scuola o sul lavoro terminare un compito diventa difficilissimo perché sembra che ci sia posto solo per i pensieri su cosa si “debba” mangiare, sulla paura di ingrassare o di avere un’abbuffata.

ANORESSIA
L’anoressia inizia con una cura dimagrante: l’intento è quello di controllare la propria immagine, controllare tutto. In realtà l’immagine riflessa nello specchio non restituisce la realtà: la persona anoressica non si vede mai abbastanza magra anche se sfiora la morte.
Di solito si comincia con una dieta dimagrante: tutto ciò che si desidera, apparentemente, è migliorare e controllare la propria immagine. La persona anoressica non si sente mai abbastanza magra. Tra i sintomi, la fame viene negata, si cade nel calcolo ossessivo delle calorie e nel controllo spasmodico del peso.
Negli ultimi anni i disturbi del comportamento alimentare sono nettamente aumentati in particolare nel mondo occidentale, dove l’ideale di magrezza e di linea perfetta è sempre più diffuso (in zone del mondo dove c’è malnutrizione essere grassi è considerata una prova di salute e benessere sociali).
Il livello di autostima e di valutazione di sè è influenzato dalla capacità di controllare il proprio peso e i fallimenti sono seguiti da autocritica e svalutazione. Essendo gli standard attesi molto elevati e il metro di giudizio tendente al perfezionismo, diventa molto facile che gli obiettivi non vengano raggiunti e si presentino tali condizioni negative. In un primo momento lo stress e le fatiche della restrizione vengono sostituiti da un maggior senso di energia e da un generale stato di benessere.
Quando però questa fase termina, il pensiero del cibo e del mangiare ritorna, insieme alla paura di perdere il controllo e alla paura che se si mangia normalmente si sarà incapaci di smettere e si ingrasserà.

BULIMIA
Nella bulimia si instaura una dipendenza dal cibo come quella dalla droga e dall’alcool. La sensazione soggettiva è quella di “un pozzo buio e profondo da riempire”: si tratta di un vuoto soggettivo incolmabile, disperato, che si cerca di riempire attraverso l’assunzione di quantità eccessive di cibo. La vita si svolge mangiando, in una sensazione di totale perdita di controllo, e vomitando incessantemente. Il senso di colpa è devastante e lascia la persona in un circolo vizioso senza fine. Oltre alle abbuffate e al vomito, alcuni dei sintomi attraverso i quali si declina la bulimia sono condotte compensatorie come l’eccessivo esercizio fisico e l’abuso di lassativi e diuretici.
la caratteristica principale della bulimia nervosa è un circolo vizioso che tende ad autoperpetrarsi tra preoccupazione per il peso, dieta ferrea, abbuffate e condotte di compenso. Paradossalmente la dieta ferrea aumenta la probabilità e la frequenza delle abbuffate; queste aumentano la probabilità del vomito o di altre condotte eliminatorie e così via. Tra l’altro l’esposizione ad una continua restrizione calorica ed alla perdita di peso può provocare sintomi quali depressione, ansia, ossessività, irritabilità, labilità dell’umore, sensazione di inadeguatezza, affaticamento, preoccupazione per il cibo, scarsa concentrazione, isolamento sociale e forte spinta ad abbuffarsi.
La bulimia, nonostante spesso rappresenti l’altro lato della medaglia delle persone anoressiche che non riescono più a controllare la fame, lascia sul corpo segni meno evidenti: per questo è più difficile da riconoscere rispetto all’anoressia ma le sue conseguenze sono comunque devastanti.

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La Psiconcologia nasce e si impone, in funzione delle complesse problematiche psicologiche ed emozionali, che interessano la maggior parte dei pazienti affetti da cancro, nel porre attenzione a queste problematiche, riunisce e comprende in sé, tanto la metodologia che la teoresi della medicina che della psicologia. La Psicologia oncologica si presenta come il risultato ultimo di una convergenza tra la psicologia, che focalizza in particolare gli aspetti più soggettivi, espressi dal paziente attraverso i suoi sintomi e la sua sofferenza e l’oncologia, che privilegia gli aspetti più oggettivi e tangibili dei medesimi sintomi, della medesima sofferenza. 
 
La comunicazione della malattia tumorale rappresenta uno degli eventi più stressanti che alcune persone si trovano a dover affrontare nel corso della loro vita, un cambiamento non solo fisico ma anche mentale: cambia il modo di percepire e sentire il proprio corpo, cambia la percezione che si ha del mondo, cambiano le relazioni sociali e interpersonali. Si tratta di una fase molto delicata e difficile sia per il paziente che per i suoi familiari: di fronte alla parola “cancro” la primissima reazione è avvertire un senso di confusione, sbandamento, un vero e proprio shock. 
Il modo di reagire al proprio stato di salute o di malattia, così come lo sviluppo, il decorso e la prognosi stessa della malattia oncologica sono influenzati dall’interazione di diversi fattori: di tipo biologico, psicologico e sociale. Ogni paziente vive e affronta la malattia in modo soggettivo e unico: si attiva un processo di adattamento alla nuova condizione fisica, che comporta una trasformazione radicale nella vita del paziente.
 
La tempestività della diagnosi di cancro e la compliance (aderenza) al trattamento medico sono determinanti nell’aumentare le probabilità di una risoluzione positiva della malattia oncologica, per questo è necessario assistere psicologicamente il paziente sin dal momento della diagnosi, come già si sta facendo in diversi ospedali italiani dove sono presenti psicologi che affiancano il medico.
 
Cosa può fare lo psicologo per aiutare il paziente ad affrontare la malattia? La “sindrome psiconeoplastica” (Guarino, 1994) riguarda una serie di dinamiche psicologiche profonde, scaturite dalla diagnosi di cancro, e può presentarsi come una costellazione di sintomi psicopatologici la cui intensità dipende dall’interazione di diversi fattori: la personalità del paziente, le esperienze passate, l’età, le relazioni interpersonali presenti e passate, la presenza di un contesto sociale e familiare supportivo, la gravità e il tipo di tumore stesso. I sintomi psicopatologici maggiormente presenti, come precedentemente visto sono: senso di paura e stress, ansia, depressione, alterazione immagine di sé e del corpo, aggressività, rabbia, ostilità, senso di colpa, di invidia, di ingiustizia e uso massiccio del meccanismo di difesa della negazione e rimozione.
 
Lo psicologo clinico può fare molto parallelamente al percorso di cura riconoscendo i bisogni del paziente e aiutandolo ad affrontare il grande percorso di cambiamento fisico e psicologico che dovrà inevitabilmente affrontare con la malattia.
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